Onorevoli Colleghi! - Nelle legislazioni italiana ed europea non esiste un corpo normativo specifico che consenta di presentarsi sufficientemente preparati nel momento in cui un'emergenza colpisce il comparto dell'acqua potabile o nel momento in cui scoppia una crisi idrica e tutto il sistema ordinario di prevenzione e di intervento si ritrova improvvisamente inadeguato dal punto di vista tecnico-operativo ed è incapace di rispondere alle domande più elementari e pressanti della popolazione. Non esiste una norma che possa dare un accettabile livello di garanzia alla popolazione, una sensazione che gli organi a ciò deputati siano preparati ad affrontare i possibili incidenti, una efficace prevenzione e protezione, e che aiuti gli operatori a gestire in modo ragionato e strategico le emergenze, le crisi e gli atti di aggressione e di terrorismo contro il sistema idrico. Oggi, purtroppo, come noto, quando scoppia una crisi idrica c'è sempre un'umiliante sensazione di sconfitta, di sottomissione e di impotente sorpresa, siamo costretti a rincorrere affannosamente gli eventi che incalzano con prepotenza e che ci sovrastano, mentre, invece, è un nostro dovere passare a un ruolo di dominio degli eventi stessi, attivo e di comando, pianificato nella conduzione e nella risoluzione operativa dei fatti. La presente proposta di legge nasce pertanto da questa riflessione tanto semplice quanto preoccupante.
      In tema di difesa dei corpi idrici naturali (falde, sorgenti, fiumi, laghi) che sono destinati ad alimentare il «sistema dell'acqua potabile» va osservato quanto segue:

          a) attualmente in Italia circa il 90 per cento delle acque potabili proviene da falde sotterranee superficiali (generalmente

 

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dette «acquiferi»). In generale, le attività di controllo ambientale sono il più delle volte effettuate da enti (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, regioni, province, università) che operano per lo più per «comparti stagni», senza un'efficace comunicazione e per interscambio dei risultati, senza un'analisi e una sintesi dei dati per sfruttare al massimo la loro grande utilità pratica nella quotidiana gestione delle tematiche dell'acqua potabile. Quindi, spesso, i risultati di tali analisi e attività sono nettamente sottoutilizzati ai fini della tutela reale dei corpi idrici e delle acque prelevate a scopo potabile;

          b) sul territorio, oltre a numerose attività ordinarie che possono causare l'inquinamento delle falde (zone agricole, zone industriali, aree urbane eccetera), un altro serio rischio di contaminazione delle acque è dovuto a incidenti vari (rotture di discariche, incidenti stradali ferroviari con sversamento di sostanze nocive, rotture di cisterne di idrocarburi interrate eccetera), a errori umani (errori di realizzazione e di progettazione presso impianti a rischio, avarie varie, negligenze decisionali eccetera) e a possibili aggressioni divenute di urgente attualità soprattutto dopo l'11 settembre 2001 (atti di sabotaggio e terrorismo, azioni e perturbazioni intrusive attuate a vario titolo).

      Di fronte a tali situazioni e alle prospettive future sempre più preoccupanti, gli attuali sistemi di monitoraggio e di tutela delle risorse idriche operativi in Italia si rivelano gravemente e colpevolmente inadeguati. Ciò perché, in tutti questi anni, l'attenzione delle autorità preposte al controllo dei corpi idrici si è concentrata soprattutto sul fornire una risposta piuttosto superficiale: descrivere le caratteristiche idrogeologico-geologiche degli acquiferi e limitarsi a dire il più possibile sul loro «stato di salute» qualitativo. Così sono stati fatti notevoli passi in avanti nel campo delle analisi chimico-fisiche delle acque, dei monitoraggi delle falde e della raccolta organizzata dei dati, ma, per quanto importante, questo genere di risposta soddisfa solo la prima parte del problema: quella del «conoscere».
      Sono state invece trascurate, salvo pochi casi, attività altrettanto importanti ai fini della tutela dell'ambiente e della salute: «prevedere le conseguenze di una contaminazione», «prevenire una crisi idrica», «sapere in anticipo come si dovrà intervenire» e, quindi, evitare inquinamenti e danni alla popolazione e all'ambiente. Anche l'apporto della protezione civile, seppure fondamentale per l'intervento in sito, non è finalizzato a rispondere alle esigenze specifiche descritte nella presente relazione e inerenti alle acque potabili. Per fronteggiare con successo una crisi idrica grave, è di vitale importanza una buona «gestione dell'immediato». È fondamentale, cioè, saper agire con precisione e decisione soprattutto nel brevissimo termine (le prime ore) e nel breve termine (i primi giorni). In molti casi si è visto che ciò vuol dire evitare che una semplice emergenza si trasformi in crisi, o che una crisi si trasformi in catastrofe. La conseguenza elementare di quanto sopra è che solo se già da subito si sa cosa fare, ossia si dispone di un sistema e di una strategia d'intervento già pronti e pensati nei periodi di calma (per lo meno nei loro risvolti principali), lontani cioè dallo stress tipico dell'emergenza, solo in questo modo è possibile affrontare un evento anche molto grave in modo preparato, sereno, efficace. Solo così facendo sarà possibile affermare con forza, anche nel bel mezzo delle situazioni caotiche e pesanti tipiche dell'emergenza, di aver agito in modo ottimale, di aver fatto e di fare tutto ciò che è umanamente possibile, di aver attuato la prevenzione e di aver evitato il più possibile i danni della crisi sull'ambiente e sulla popolazione.
      In questo senso la proposta di legge è intesa sia come strumento di pianificazione strategica e di prevenzione delle crisi, sia come vero e proprio strumento operativo di lavoro a disposizione dei gestori dell'acqua potabile, degli enti pubblici responsabili e dei soggetti interessati.

 

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      Operativamente è interessante analizzare i risultati che la normativa proposta consente di raggiungere, una volta messa a regime.

Misure per la gestione del rischio idrico.

      Siamo nella fase della normalità, non esiste ancora nessuna emergenza da gestire. Il problema è quello di sfruttare adeguatamente le informazioni territoriali, idrogeologiche e ambientali al fine di comprendere se una certa attività o un sito, in qualche modo causa di contaminazione, costituiscono un rischio per le acque potabili. Se sì, attraverso un'analisi del rischio si deve quantificare questo rischio e vedere se esso è accettabile. Se il rischio non è accettabile, il passo successivo è quello di individuare le misure per ricondurlo entro limiti accettabili previsti dalle metodologie tecniche di lavoro. Fino ad ora la normativa italiana applica questo metodo di lavoro unicamente per i casi di siti soggetti a «bonifica con misure di sicurezza» (regolamento di cui al Ministro dell'ambiente n. 471 del 1999). A mio avviso invece, apportando le opportune modifiche tecniche, tale metodo di analisi dovrebbe essere applicato anche a tutte le sorgenti contaminanti potenzialmente importanti (discariche, industrie a rischio, scarichi di acque reflue eccetera) che hanno un impatto sulle fonti idropotabili. Ciò per individuare le più opportune misure di mitigazione e di controllo del rischio da apportare al sistema idrico e alle sorgenti contaminanti, a garanzia della tutela delle fonti d'acqua potabile.
      A tale scopo l'articolato proposto consente di:

          a) adottare misure per la protezione degli acquiferi (aree di ricarica) dove avviene lo stoccaggio delle acque potabili con l'obiettivo di proteggere preventivamente le vaste aree regionali dove le acque delle piogge e dei fiumi entrano nel sottosuolo e vanno a immagazzinarsi in attesa di essere emunte dall'uomo;

          b) adottare misure per la prevenzione delle contaminazioni delle acque naturali, ossia delle acque di falda, sorgente, fiume, lago, con particolare attenzione per le acque destinate all'uso umano, in rapporto all'ubicazione dei centri di pericolo;

          c) definire le norme tecniche per l'applicazione dell'analisi del rischio e la dichiarazione degli obiettivi minimi che tale analisi deve raggiungere e che vengono richiesti dall'ente pubblico preposto;

          d) definire il campo d'applicazione dell'analisi e delle tipologie delle attività a rischio da controllare. A tale fine potranno essere interessate al provvedimento sia le attività soggette a bonifica, sia le attività con pericolo di incidenti rilevanti, sia le attività con pericolo di incidenti ordinari (industrie contaminanti, discariche, scarichi idrici particolari, serbatoi, interrati di idrocarburi eccetera);

          e) definire le regole per attuare operativamente le misure di prevenzione e di mitigazione del rischio idrico.

Interventi per la gestione delle crisi e delle emergenze idriche.

      Siamo nella fase di stress, l'emergenza si è manifestata ed è in corso. Il problema è quello di organizzare, in via preventiva, una serie di attività che permettano all'inquinatore e all'ente pubblico che controlla di presentarsi preparati il meglio possibile per affrontare un inquinamento, un'emergenza o, nel caso più grave, una crisi idrica. La crisi, in via generale, può essere sia di tipo qualitativo (dovuta a inquinamento) sia quantitativo (dovuta a mancanza d'acqua per la popolazione). In ambedue i casi, per una sua gestione efficace sarà indispensabile possedere per lo meno gli elementi tecnici minimi più elementari per poter poi operare con efficacia in caso di necessità.
      A tale scopo l'articolato proposto consente di:

          a) applicare un concetto di «vulnerabilità attiva» dell'evento contaminante

 

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in rapporto con l'acquifero colpito. La vulnerabilità attiva ha l'obiettivo di individuare, a partire dalle caratteristiche idro-geologiche dell'acquifero e da quelle sulle sostanze contaminanti, le seguenti informazioni e di realizzare le seguenti azioni:

              1) la previsione, vista la crisi in atto e le sue caratteristiche di base, degli scenari di contaminazione e di crisi più probabili per l'acquifero considerato;

              2) la pericolosità effettiva e reale dell'evento contaminante che si è verificato;

              3) le conseguenze attese per il sistema delle acque potabili e, quindi, per la popolazione e per l'ambiente;

              4) il numero delle persone che saranno coinvolte da un'eventuale crisi e con quali effetti;

              5) le aree più a rischio del territorio colpito;

              6) la necessità di interventi immediati o urgenti per la difesa delle acque naturali destinate all'uso potabile poste nelle vicinanze del sito inquinato;

              7) l'elenco delle azioni e delle decisioni principali da attuare per la gestione e la soluzione della crisi nel momento dell'intervento pratico sul terreno;

              8) le misure di protezione per gli uomini impegnati in sito;

              9) l'elenco degli enti e dei soggetti di soccorso da contattare e delle azioni da intraprendere per la gestione ottimale della crisi;

              10) lo schema operativo d'azione (indicante le azioni, i tempi, i responsabili e loro recapiti, i soccorsi e loro recapiti, e altro) e le regole per gestire i rapporti con la popolazione e i mass media;

          b) intervenire immediatamente con un piano di decontaminazione e di gestione delle emergenze idriche già predisposto e preventivamente collaudato;

          c) individuare delle fonti idriche alternative da utilizzare nel caso si verifichi una carenza idrica o una contaminazione con chiusura dei pozzi potabili normalmente utilizzati dal servizio idrico pubblico e dalla popolazione;

          d) attivare immediatamente ottimali misure per la protezione delle popolazioni colpite.

Norme per la tutela da atti di aggressione.

      La difesa delle sorgenti idriche pregiate e delle acque potabili da atti di aggressione, sabotaggio o terroristici è divenuta prioritaria a seguito della recrudescenza del terrorismo internazionale. La normativa proposta consente la predisposizione di un sistema di controlli e di tutele preventivi, che possono anche avere carattere di segretezza. In sintesi, la normativa proposta consente di attuare, per la prima volta in modo completo, il concetto della prevenzione e della gestione pianificata delle emergenze e delle crisi idriche. Il provvedimento consente di agire in modo completo, pratico e assumendo finalmente un ruolo attivo e di comando sugli eventi negativi che possono colpire il sistema idrico potabile nella sua interezza. Per mettere in opera un sistema efficace e integrale sarà inevitabile un certo aggravio finanziario e operativo per il sistema sociale. Questa è una strada obbligata e già da tempo indicata dalle nazioni più evolute dell'Italia nel campo ambientale e dell'acqua (a tale proposito si vedano le tariffe del servizio idrico in nazioni come Germania e Francia, o le tariffe medie dell'Unione europea che sono anche di 4-5 volte superiori a quelle in uso in Italia). È noto peraltro che in queste nazioni il cittadino accetta di buon grado i sacrifici imposti quando a ciò corrisponde un'effettiva tutela dell'ambiente e della sua salute, quando percepisce che i suoi sacrifici fanno parte di una strategia generale chiara ed efficace al servizio del suo benessere. Pertanto i maggiori costi graveranno sul sistema delle tariffe, integrando

 

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le formule con le quali questa è attualmente calcolata.

      Conclusivamente è doveroso precisare che qualunque misura venga adottata, per quanto esaustiva e rigorosa tecnicamente, non potrà mai evitare la casistica di tutti i possibili incidenti contaminanti e tutte le crisi idriche. Ci potrà essere anche l'evento imprevisto e imprevedibile. Tuttavia, l'applicazione della normativa proposta colmerà il vuoto grossolano e rischioso attualmente esistente.
      Il cittadino, il sistema produttivo dell'acqua potabile e il sistema pubblico responsabile del servizio idrico si sentiranno più protetti rispetto al passato, coinvolti in una battaglia difficile, ma importantissima per il proprio futuro. Siamo in tempo per agire con decisione e dobbiamo operare uniti per la conservazione dell'acqua per le generazioni future.

 

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